venerdì 29 luglio 2011

The Supply Chain Game


GIOVEDI' 28 LUGLIO

Finalmente ci siamo! L’ultimo Business Game di questa summer school: la creazione e la gestione di un intero network di supply chain; alcuni gruppi, in particolare quelli che non avevano ottenuto buoni risultati nel precedente gioco erano un po’ titubanti ma non per questo scoraggiati: si tratta ovviamente dell’ultima e più impegnativa sfida. Anche se nulla è in palio lo spirito di sana competizione c’è!

Due sono gli stati d’animo palpabili nell’aria:

La voglia di vincere la sfida più impegnativa ma ancor più forte è la voglia di rivincita di chi non ha vinto precedentemente

La paura di sbagliare a pochi passi dal traguardo, quello stato d’animo che a volte ti blocca, che ti spinge a controllare e ricontrollare una, dieci, cento volte tutti i passaggi, che ti fa domandare “sto facendo la cosa giusta?”.

Due condizioni antitetiche che vanno gestite in ogni tipo di sfida per cui ci si è preparati tanto, soprattutto facendo tesoro degli errori commessi.

Il gioco inizia, i minuti passano veloci e appaiono ancor più veloci se si ragiona con lo scorrere del tempo virtuale del gioco in cui un singolo minuto equivale a 6 giorni.

Tabelle e grafici si susseguono ininterrottamente e finalmente le prime proiezioni : alcuni gruppi sono molto in perdita altri sono di parecchio avanti rispetto agli altri e nei rispettivi gruppi gli stati d’animo sono opposti ma è presto per dire chi sarà il gruppo vincente.

Ma ecco che dopo la prima le distanze si assottigliano sempre di più e infine le situazioni si ribaltano: i gruppi che apparivano in situazioni critiche si ritrovano in testa ed infine la classifica finale: chi era ultimo ora è primo. Il “return of investment” ha premiato chi ha saputo rischiare.



(*) Gruppo “donothing” gestito dal simulatore, non effettua investimenti o modifiche del sistema produttivo. Nei giochi precedenti è arrivato sempre tra i primi.

Ma una domanda sorge spontanea: era davvero questo lo scopo del gioco? Vincere? No.

Inconsapevolmente uno di noi ha risposto al quesito: “Damn! It’s frustrating!”

Pur essendo stata una simulazione ancora molto lontana dal mondo reale del lavoro ci siamo tutti resi conto (vincitori o no) che al di là di tutto ciò che abbiamo fatto e imparato nei nostri percorsi di studi, formule, modelli, ecc. ciò che davvero occorre a noi è avere una visione d’insieme basata sulla posizione che ognuno di noi andrà a coprire nel mondo del lavoro ed in particolare all’interno di una supply chain dando il giusto peso ai dettagli (alto se saremo dei tattici, basso se diverremo strateghi).

Avere consapevolezza in anticipo di quanto sarà complesso e importante il nostro lavoro.

mercoledì 27 luglio 2011

Visite Aziendali AVNET


MARTEDI' 26 LUGLIO

La visita di questa settimana è in una dei piu grandi distributori di componenti elettronici, includendo connettori e semiconduttori: AVNET logistics.

Questa compagnia connette la più grande produzione di tecnologia mondiale con più di 100,000 clienti, fornendo servizi e soluzioni economicamente produttive.

Abbiamo visitato l'azienda leader nella fornitura di componenti elettronici di categoria B2B.

La nostra guida ci ha esposto la loro supply chain specializzata in servizi di logistica per le industrie mondiali elettroniche, dando risorse secondo i tempi dei consumatori, e concentrandosi sulla soddisfazione finale del cliente.

Questa azienda opera a livello mondiale, con aziende nel continente americano, asiatico ed europeo (Germania), offrendo vantaggio competitivo attraverso una supply chain con soluzioni specializzate.


Week End a Sedona, Grand Canyon e Las Vegas


GIOVEDI 21 LUGLIO


Successivamente alla lezione, ci siamo diretti alla volta di Sedona, cittadina situata nel deserto ai confini del Grand Canyon. La zona in cui è situata questa città è denominata Oak Creek Canyon, ed è caratterizzata da massicce formazioni di roccia rossa, l'area che circonda questa comunità è considerata per la sua bellezza al pari di altri parchi nazionali riconosciuti nel mondo.


Dopo aver assaporato un tipico hamburger con vista 'red rocks', siamo ripartiti passando per suggestive stradine, completamente immerse nella natura.

Questa giornata è terminata a Williams, tipica cittadina centro americana, attraversata dalla famosa Route 66 ed è un importantissimo scalo merci ferroviario.


VENERDI' 22 LUGLIO

Dopo aver passato la notte a Williams, sveglia presto, colazione con waffles e di nuovo in strada con destinazione Grand Canyon.

All'arrivo la nostra attenzione e i nostri occhi sono tutti puntati sulla maestosità dell'erosione naturale del ”Colorado River” che ha scavato il canyon sul quale siamo affacciati. Tour guidati hanno accompagnato vari gruppi che si sono divisi per osservare al meglio tutti i migliori punti di vista del Canyon. Tra i più belli ricordiamo: Desert View, Grand View Point, Moran Point, Lipan Point, Navajon Point.

Finita la visita al Grand Canyon, di nuovo “on the road”, destinazione....LAS VEGAS, la città del peccato!

LAS VEGAS capitale del Nevada, famosa per i suoi casinò e hotel a tema che rappresentano fedeli ricostruzioni di alcuni dei luoghi e monumenti più belli del mondo.

Arrivati in hotel, dopo un lungo viaggio ci siamo concessi una pausa relax presso la piscina dell' Hilton dove tra un ballo di gruppo e un altro finalmente si è fatta l'ora di cena.

Cena tutti insieme in un ristorante caratteristico di Las Vegas, il “Peppermill” sulla Las Vegas Boulevard. A pancia piena ci dirigiamo a piedi sulla via principale, La Strip dove ha inizio il nostro tour degli hotel e casinò.

La serata prosegue velocemente, in modo piacevole e tra una giocata alle slot machines e due salti in discoteca, mentre rincasiamo ci godiamo il sole che sorge su Las Vegas e se prima tutti gli hotel che di notte ci deliziavano con i loro giochi di luce ora ci abbagliano con i riflessi di un nuovo giorno.

Dopo un lungo riposo, nel pomeriggio abbiamo ripreso la visita della città presso i maggiori punti d'interesse, come: le boutique dell'hotel Bellagio o il canale artificiale all'interno dell'hotel Venezia.

La sera cena-show in un ristorante giapponese dove il nostro cuoco personale ci entusiasmava con la sua cucina acrobatica.

Uscendo dall' Hilton, Edd il nostro autista personale, è orgoglioso di averci come passeggeri sulla sua Limousine, così ci troviamo di nuovo su La Strip e come dei divi del cinema siamo al centro dell'attenzione.



lunedì 25 luglio 2011

Visite Aziendali

Visita alla Honeywell

La settimana inizia davvero alla grande con la prima visita aziendale programmata dopo la lezione del prof. Brown.
L’azienda è la Honeywell, una delle più importanti multinazionali statunitensi che produce motori a turbina per aerei di piccole/medie dimensioni e dispositivi avionici, ovverossia tutto ciò che riguarda l’elettronica degli aeromobili.
Il mercato in cui opera l’azienda è davvero particolare in quanto i competitor sono veramente pochi, circa 2, ma i volumi di guadagno sono invece notevolmente elevati. La struttura di questo mercato è data dal fatto che esistono notevoli barriere all’entrata, come il know-how necessario per operare in questo tipo di settore, nonché le ingenti somme di denaro per avviare l’investimento.
La Honeywell è riuscita ad ottenere il successo per via di una corretta strategia basata su due considerazioni tra loro correlate:

1. È necessario imporre, grazie a prezzi competitivi, i propri prodotti nei diversi modelli di aeromobili.

2. Una volta che le compagnie aeree hanno acquistato i nostri prodotti, il contratto di fornitura avrà una durata decennale e conseguentemente i profitti maggiori futuri si otterranno con il mercato dei pezzi di ricambio.

Per fare ciò l’azienda ha quindi venduto i suoi prodotti inizialmente ad un prezzo pari al costo di produzione, riuscendo così a vincere gli appalti di produzione per le compagnie aree. Successivamente, dopo un’iniziale perdita durata circa 15 anni, il ritorno economico è giunto più forte che mai crescendo in maniera quasi esponenziale, con margini di guadagno pari al 60%.
A questo va aggiunto che la Honeywell attualmente produce un modello di turbina per tre diversi clienti (caso molto raro che si verifichi) e grazie a ciò è riuscita ad abbattere drasticamente i costi di produzione, evitando così di dover produrre modelli differenti di prodotto per differenti aerei delle diverse compagnie.
In conclusione la Honeywell è stata un ottimo esempio di cosa voglia dire essere competitivi guardando il business in un ottica di lungo periodo.


Visita alla Target

Come programmato mercoledì abbiamo fatto una visita aziendale, ma diversamente dal programma che ci è stato consegnato in Italia non abbiamo visitato Avnet ma Target. Il cambio di programma non ha creato alcun problema, anzi la realtà aziendale che ci ha ospitato ha suscitato il nostro interesse poiché la mattina abbiamo studiato argomenti che ci hanno permesso una più facile comprensione dei problemi che Target deve affrontare.
Al termine della lezione abbiamo avuto un intervallo di circa due ore che ci ha permesso di pranzare in tranquillità. Siamo quindi arrivati in Target circa alle 14. Target è una grossa catena di “discount retailer” che opera solo in USA seconda soltanto a Walmart. Parliamo quindi di una grossa catena di supermercati che vendono una grossa varietà di prodotti ad un prezzo più basso se paragonato con quello dei vari punti vendita.

Il morale all’inizio non è tra i più alti, questo non si sa se è dovuto più alla voglia di una “pennichella” pomeridiana o al risultato della partita della sera precedente. Appena arrivati, superato il classico sbalzo di temperatura dei suoi soliti 20-25°C, si è proceduto con il classico check-in. A questo punto ci siamo divisi in due gruppi, accompagnati separatamente da due guide diverse. Questa divisione è stata più che mai legittima. Infatti non abbiamo visitato il classico stabilimento produttivo, ma un vero e proprio centro logistico.

Facendo un paragone con la realtà italiana, lo stabilimento visitato è molto simile alla GDO (grande distribuzione organizzata). Qui infatti ci sono dei magazzini molto grandi semi-automatizzati. In questi vengono stoccati tutti i prodotti finiti che devono essere poi distribuiti ai vari punti vendita. L’intreccio dei vari sistemi automatizzati per la movimentazione interna dei prodotti finiti hanno sortito un effetto quasi “ipnotico”, infatti in molti eravamo estasiati dall’organizzazione e la sincronizzazione con cui operano i vari macchinari.

Target tende a saturare a volume i propri automezzi, quindi per realizzare quest’obiettivo preferiscono non caricare i pallet già imballati ma pezzo per pezzo ogni singolo prodotto finito. Se da un punto di vista questa soluzione tende a saturare il volume di carico dell’automezzo, da un altro punto di vista fa aumentare notevolmente il tempo di carico dell’automezzo stesso. Per caricare un camion mediamente sono impiegate due persone e considerata l’elevata temperatura, lavorano con un ventilatore sempre a portata di mano. Una domanda comune è stata dovuta alla mancanza di una linea produttiva. Infatti esistono prodotti con il marchio “Target”, ma non vengono prodotti dalla Target stessa bensì la produzione di questi viene fatta conto terzi.

A questo punto la visita volge al termine. Sicuramente è una visita che lascia dei ricordi indelebili ed è un’esperienza molto importante, poiché ci permette di fare il confronto tra due culture d’azienda diverse: quella europea a cui siamo abituati e quella americana che stiamo scoprendo esperienza dopo esperienza. Target è un colosso sempre in movimento per cercare di ottimizzare la propria efficienza in modo da potersi porre ad un prezzo più competitivo nel mercato.
Purtroppo non è stato possibile fare alcuna fotografia in linea con le direttive che l’azienda ci ha imposto, quindi non abbiamo il materiale per testimoniare questa esperienza interessante. Con più entusiasmo rispetto all’inizio della visita ci dirigiamo verso il pullman che ci riporterà al campus per un po’ di sano e meritato riposo.


giovedì 21 luglio 2011

Baseball !!!


Siamo pronti. Ore 5 P.M. appuntamento con la nostra guida americana.
Tutto il nostro gruppo è carico.
Andiamo dopo tanto studio a prenderci una giusta pausa e a fare qualcosa di tipicamente americano.
Gli Arizona Diamondbacks ci stanno aspettando. E' ora di Baseball !

Arrivati a Phoenix da Tempe ci siamo diretti subito all'entrata del magnifico stadio coperto Chase Field, dimora dei mitici "serpenti D-Backs" e ci siamo preparati al match contro i Brewers di Milwaukee,Wisconsin.
Dopo aver acquistato i gadget d'obbligo per sostenere la squadra e gli hot dog d'ordinanza, ci siamo diretti ai nostri posti per l'inizio della partita.




Prima che il gioco iniziasse però ci siamo alzati in piedi in segno di rispetto per l'inno Americano.
Ci ha colpito molto in questa occasione l'atteggiamento delle persone attorno a me.
Ovunque vi erano i colori della squadra, Rosso granata-Bianco-Nero e i colori degli U.S.A. e tutti sembravano felici e orgogliosi di appartenere al proprio paese e di poter partecipare all' evento.

Finito l'inno i giocatori si sono disposti in campo ed è iniziato il primo dei nove inning o riprese del gioco.
Come da regolamento spiegatomi a grandi linee da delle nostre carine colleghe americane della Arizona State University, la squadra ospite deve iniziare la partita in attacco alla battuta e la squadra di casa in difesa.
Nel gioco si scontrano due squadre composte da 9 giocatori, che si scontrano per 9 inning, nove riprese dove le due squadre si alternano nella fase di attacco e di difesa. Si effettua con una mazza e una palla, in cui un lanciatore lancia la palla del diametro di circa 7 centimetri e del peso di circa 142 grammi, con l'anima di sughero e gomma, ricoperta di pelle, verso un battitore, che cerca di colpirla, tramite la battuta, con la mazza di legno di forma cilindrica, in modo da avanzare in senso antiorario su una serie di quattro basi, poste agli angoli di un quadrato chiamato Diamante (baseball)diamante, e tornare infine al punto di partenza (casa base), dove ha diritto a segnare un punto per la propria squadra.

Purtroppo già dagli inizi si è capito che i D-Backs non erano in forma, e già alla fine del primo inning i Nostri si sono trovati sotto di qualche punto.

Tra un panino e l'altro, il mitico "D.Dog" hot dog ufficiale della squadra, abbiamo trovato modo di apprezzare lo sport del baseball con i nostri colleghi americani.
La serata è quindi filata in allegria, nonostante gli avversari ci stessero distruggendo.
Inoltre abbiamo molto apprezzato anche i vari eventi e giochi organizzati tra un tempo e l'altro della partita,come la kiss cam che riprendeva le giovani coppie in attesa di un loro bacio.

Purtroppo nonostante il tifo sfrenato e i cori di sostegno alla squadra da parte nostra e di tutti i tifosi, la partita è finita 11 a 3 per i Brewers.
I D-Backs non hanno vinto e nell'aria si è sentita un po' di delusione per l'esito del match.

Ma non importa.
Comunque sia andata, la cosa davvero importante è che abbiamo potuto assistere a qualcosa di nuovo e assolutamente diverso dal nostro amato calcio.
Indipendentemente dall'esito abbiamo davvero apprezzato la serata e ci siamo davvero divertiti.
La vittoria sarebbe stata però la ciliegina sulla torta.

domenica 17 luglio 2011

Weekend Monument Valley


Giovedì pomeriggio, dopo la fine delle lezioni, è iniziato il nostro primo lungo weekend! Purtroppo ci siamo divisi, un gruppo si è diretto a Los Angeles mentre un altro alla scoperta dei parchi naturali del Nord dell’Arizona! In questo post iniziamo col raccontare quest'ultimo!

Giovedì 14
Dopo aver fatto un rapido pranzo post-lezione in uno dei tanti fast food siamo partiti per la nostra prima avventura on the road. Destinazione: Monument Valley. Dopo un viaggio di 6 ore su strade con paesaggi mozzafiato siamo finalmente giunti in piena notte al Gouilding’s Lodge, posto incantevole grazie anche ad una bellissima luna piena che illuminava le terre Navajos. Le lancette dell’orologio devono essere spostate avanti di un’ora rispetto a Phoenix ed è meglio cercare di arrivare prima del tramonto perché le strade non sono per niente illuminate e agli animali (mucche, coyote, capre, cani) piace pascolare in mezzo alla strada. Il Goulding’s Lodge lo consigliamo vivamente perché ha una posizione strategica, soprattutto la Monument Valley House, una villetta a due piani in pieno stile americano con una spettacolare vista sull’orizzonte.

Venerdì 15
Sveglia all’alba! Mi raccomando non perdetevi questa “terrific view” sulla Monument Valley! Nonostante le poche ore di sonno, fidatevi che ne vale veramente la pena!

Dopo essere tornati a letto per un’oretta scarsa, siamo andati a fare una colazione pronti per l’escursione. Abbiamo scelto il “basic tour” ($ 40) proposto dall’albergo perché con la macchina a noleggio è vivamente sconsigliato (fidatevi!!!) girare all’interno delle ripide strade sterrate del parco. Durante quest’escursione con la guida Navajos abbiamo conosciuto le loro tradizioni, abitazioni e il valore sacro dato alla Natura e alla Madre Terra. La cosa più impressionante sono stati i picchi di roccia rossa detti butte o mesas. Qualsiasi foto scattata, per quanto bella, non riuscirà mai a rendere l’idea dei giochi di luce, dell’immensità e dei colori che ci hanno fatto rimanere a bocca aperta!


Per il tour attrezzatevi di creme solari e acqua e preparatevi a essere ricoperti di terra rossa a causa dei pullmini aperti e folate di vento! Alla fine del tour dopo una rapida rinfrescata, ci siamo avviati verso Page che si affaccia sulle acque del lago Powell. Questo è un lago artificiale che è in grado di fornire acqua per Arizona, Utah, California e Nevada. Abbiamo alloggiato al Best Western Plus, dove ci siamo trovati bene. Cenate nella Ken’s Old West, ottima steak house sia per il cibo sia per la country live music!

Sabato 16

Sveglia, colazione e pronti per visitare un nuovo parco: Glean Canyon National Recreation Area. L’ingresso costa $15 a veicolo. Abbiamo raggiunto il Lake Powell Resorts per prenotare il
Canyon Adventure tour. Un’escursione in barca attraverso canyon stretti e altissimi, un tempo abitati da tribù locali.

Ogni weekend in questo lago sbarcano americani con i loro grandissimi camper e ancor più grandi motoscafi e moto d’acqua. Tornati in albergo ci siamo rinfrescati con un bagno in piscina pronti per un altro inaspettato spettacolo: il tramonto sull’Horseshoe Bend. Un belvedere (gratuito) a picco su uno dei meandri del Colorado, che ha la forma del ferro di cavallo, raggiungibile dopo un kilometro di camminata su un sentiero di sabbia rossa. Prima di affacciarvi sul precipizio, fermatevi e prendete un bel respiro perché rimarrete senza fiato. Crediamo che nessuna descrizione possa spiegarvi le sensazioni provate in quei momenti. Provate a immaginarle con questa foto.

Abbiamo mangiato, purtroppo, in un fast-food perché chiudono presto le cucine.

Domenica 18
Dopo una rapida colazione ci siamo preparati per il lungo viaggio di ritorno. 6 ore di chiaccherate, musica, e pause varie. Dopo aver lasciato la macchina all'autonoleggio siamo tornati al campus. Doccia e una bella dormita per recuperare le forze per la settimana in arrivo!

WEEK-END LA

Giovedì 14



Il primo weekend della Summer School è stato trascorso nella fantastica Città degli Angeli: Los Angeles. La maggior parte di noi ha scelto questa destinazione, mentre altri hanno preferito visitare la Monument Valley. Finita la lezione, ognuno di noi ha preparato velocemente le valigie e ci siamo recati all'aeroporto Sky Harbor di Phoenix. Il viaggio aereo è stato breve (un’ora e venti minuti circa) e presto abbiamo potuto godere del “mediterraneo” clima della California. Molto presto, però, abbiamo rimpianto il clima desertico della nostra città adottiva: infatti, a Los Angeles vi è una forte escursione termica, con temperature che variano di almeno 10 gradi fra il giorno e la notte. Alcuni di noi, nei giorni seguenti sono corsi a comprare una felpa ricordo per potersi coprire la sera. Giunti al Los Angeles International Airport ci siamo divisi poichè non alloggiavamo tutti nello stesso hotel. La nostra prima idea era stata quella di noleggiare un’auto per muoversi in città dato che le distanze fra i vari punti di interesse sono notevoli. Ci eravamo divisi in tre gruppi. Noi ragazze non siamo riuscite a noleggiare l’auto poichè non disponevamo degli appropriati strumenti finanziari (eravamo in possesso di carta prepagata, mentre è richiesta una carta di credito major).

I ragazzi invece sono riusciti a noleggiarne due. Questo fatto ci ha inizialmente scoraggiate, ma alla lunga questo svantaggio si è rivelato un’opportunità (è stato più semplice muoversi in città). Dopodiché, noi ragazze ci siamo dirette verso il nostro ostello a Santa Monica, la zona costiera si Los Angeles. I ragazzi invece alloggiavano poco distante da noi. La prima impressione sul quartiere è stata ottima: la città gode di una piacevole passeggiata lungo l’oceano, ricca di locali, negozi e ristoranti in cui si respira una piacevole atmosfera giovanile. A pochi minuti di cammino dall’ostello vi è un’area pedonale in cui è possibile fare shopping o sedersi a gustare un classico hamburger con patatine e Coca-Cola. Dopo esserci sistemate nelle nostre stanze e rinfrescate dal viaggio, siamo uscite per fare un giro. Abbiamo cenato da McDonald (onnipresente in America) e successivamente abbiamo contattato i ragazzi e ci siamo ritrovati in un locale della zona. Qui abbiamo sorseggiato un drink ascoltando altri ragazzi americani che “intonavano” canzoni al karaoke. Proprio in questo locale abbiamo capito l’importanza del lasciare mance negli States. Infatti, due delle nostre ragazze volevano cantare, ma non sono mai state chiamate perchè c’era una corsia preferenziale per coloro che lasciavano una tip. Usciti dal club, abbiamo pianificato la giornata di sabato.


venerdì 15


Nonostante la stanchezza del giorno precedente reclamasse molte ore di sonno, desiderose di goderci quest’esperienza, ci siamo svegliate di buon’ora e ci siamo caricate con una colazione a base di pane e marmellata. La sera prima, arrivando all’ostello, avevamo notato che era possibile effettuare delle escursioni guidate con un’agenzia viaggi convenzionata. Quindi, ci siamo immediatamente recate a prenotare i biglietti per andare a visitare gli Universal Studios. Il tragitto verso la meta è stato molto divertente poiché eravamo su un bus aperto e potevamo godere di una vista magnifica. Giunte a destinazione abbiamo incontrato i ragazzi e siamo entrati tutti insieme. Questo parco giochi offre attrazioni per tutti i gusti: per i più coraggiosi consigliamo di mettersi alla prova nella “House of Horrors” che ripercorre le immagini più significative degli horror movies prodotti dagli Studios; i più temerari non possono non provare la scarica adrenalinica della “Jurassic Park Attraction”, mentre per i più appassionati di cinema sono perfetti il tour degli studios e un tour virtuale di Krastyland, il parco giochi dei Simpson. Tornate a Santa Monica abbiamo cenato in un tipico locale americano. Abbiamo trascorso la serata in un altro pub vicino all’ostello.


Sabato 16

Dopo l’ottima esperienza con il tour organizzato agli Universal Studios, abbiamo deciso di rivolgerci alla medesima agenzia per visitare alcune delle zone più famose di Los Angeles che hanno contribuito a costruirne l’immagine di città glamour e dello star system.


Pagando circa 60 dollari ci siamo quindi guadagnate l’accesso a Bel Air (la prima tappa del nostro tour), l’esclusivo quartiere dove risiedono molti attori, registi e cantanti. Oltrepassato il cancello di ingresso si ha subito l’impressione di trovarsi in un mondo surreale (e vagamente finto) dove le case sono maestose, le siepi curatissime e non si incontra nessuno per strada. E’ difficile ricordarsi tutte le ville che abbiamo visto, ma quelle che ci hanno colpito di più sono state di sicuro quella del sultano del Brunai, con inserti d’oro nei balconi, quella di Elton John e, ovviamente, quelle di Johnny Depp e Brad Pitt (nessuna apparizione dei proprietari da segnalare, con nostro grande disappunto).



Concluso il tour di Bel Air, ci siamo ributtati nel traffico cittadino per raggiungere Beverly Hills. Lungo il tragitto abbiamo potuto vedere due punti d’interesse per gli appassionati di cinema: la chiesa in cui è stato girato Sister Act e la scala antincendio sulla quale si arrampica Richard Gere per dichiarare il suo amore a Julia Roberts nel film Pretty Woman. Una volta giunti a Beverly Hills, il pullman ci ha lasciati nel cuore del quartiere, Rodeo Drive. La sosta è durata solo mezz’ora, ma è più che sufficiente a meno che non abbiate intenzione di fare shopping nei lussuosissimi negozi presenti, ma non era il nostro caso, quindi scattate alcune foto di rito siamo ripartiti in direzione Hollywood.


L’ultima tappa del tour è stata il quartiere di Hollywood. La sosta prevista in questo caso era di 4 ore e ne abbiamo apprezzato ogni minuto. Appena scese dal pullman ci siamo lanciate alla ricerca della stella del solito Johnny Depp sulla Walk of Fame, con la prof.ssa che lanciava chiari segnali di insofferenza, ma ha sopportato stoicamente il tour de force che le abbiamo imposto. Dopo aver trovato quello che stavamo cercando e scattato una foto, ci siamo rilassate sedendoci a gustare il vero hot dog americano da Johnny Rockets, seguito da una coppetta di gelato delle dimensione di una vaschetta formato famiglia (ebbene sì, se siete attenti alla linea, mangiare fuori negli States potrebbe essere un problema). Dopo pranzo abbiamo trascorso il resto del pomeriggio sulla Walk of Fame, tra i numerosissimi negozi di souvenirs. Verso le 17 il pullman è tornato a prenderci per riportarci all’ostello, dove abbiamo avuto giusto il tempo di una doccia prima di uscire a cena. La serata si è conclusa in un pub della zona. Un piccolo avviso sulla vita notturna di Santa Monica: la maggior parte dei locali sono pub o bar e quindi se siete amanti delle discoteche sarete costretti a spostarvi in zona Hollywood e se non siete muniti di una macchina la cosa potrebbe rivelarsi più complicata del previsto (i taxi sono costosi ed è sconsigliabile viaggiare in pullman di notte, così come ci è stato detto da ragazzi del luogo).


Domenica 17

Siamo così giunti all’ultimo giorno a Los Angeles. Il tempo è davvero volato. Il sole splendeva sulla spiaggia e quindi abbiamo deciso di andare a Venice Beach, che è raggiungibile da Santa Monica percorrendo il fantastico lungomare. Mentre camminavamo ci sembrava di essere state catapultate sul set di Baywatch: le postazioni dei bagnini, la sabbia bianca, le palme e nemmeno una nuvola sopra di noi. Venice Beach è conosciuta come la Camden Town di Los Angeles e, a nostro parere, la definizione è perfetta. È caratterizzata da una fila infinita di bancarelle hippie dove per pochi dollari si possono comprare bigiotteria artigianale, quadri, abbigliamento e molto altro. È stato molto piacevole mangiare sulla spiaggia con i surfisti di fronte a noi che facevano a gara per domare le onde. Purtroppo il tempo a nostra disposizione non è stato molto, in quanto il volo per il rientro ci aspettava.
In conclusione, Los Angeles ci ha segnato così profondamente che abbiamo tutti espresso il desiderio di tornarci.





mercoledì 13 luglio 2011

DAY 5

Come tutte le mattine la sveglia suona alle 8 e, dopo aver fatto colazione all’americana al campus, tutti puntuali in aula alle 9 per seguire la lezione del prof. Brown. Il tema generale affrontato nel corso è la supply chain management, un argomento sconosciuto agli studenti di giurisprudenza. Grazie alla perizia dell'eclettico prof. Brown, “step by step” tutti stiamo imparando a conoscerne gli aspetti principali e a ragionare anche in un’ottica economica e ingegneristica. La lezione di oggi si è focalizzata in modo particolare sull’outsourcing, ossia sull’attitudine delle aziende ad esternalizzare determinate attività.




Ma vediamo di capire quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questo processo. I vantaggi strategici che ne derivano sono innanzitutto la possibilità di focalizzarsi maggiormente sulle competenze interne, per poi , successivamente, accedere alle capacità di altre aziende, liberare il capitale e le risorse, ridurre i costi unitamente alla condivisione e riduzione dei rischi legati al mercato e alla sicurezza di provvedere alle risorse non disponibili internamente. Ne derivano però anche degli svantaggi, soprattutto per quanto riguarda i problemi di controllo e il reclutamento di appropriati fornitori e distributori, la ripercussione sui posti di lavoro e l’inadeguata supervisione del processo di supply chain, il quale necessita di specialisti del settore.


E’ necessario però ricordare che il punto focale dell’outsourcing consiste nel come esternalizzare ogni singola attività di valore della catena, tenendo in considerazione non solo le circostanze presenti ma anche quelle future.

Terminata la lezione alle 12, c’è chi fa solo uno spuntino, chi fa un pisolino o chi si mangia un panino da Jimmy John’s e poi tutti con il pc a portata di mano per svolgere il compito assegnato a lezione dal professore, che consiste in un’opinione personale sul motivo per cui le aziende esternalizzano indicandone vantaggi e svantaggi. Questo lavoro sarà utile al professore per testare il nostro livello di conoscenza e di apprendimento.



Infine, come dice il detto “prima il dovere, poi il piacere”, ci concediamo poi un po’ di relax e tintarella a bordo piscina in attesa della serata ma soprattutto di domani pomeriggio…waiting for LOS ANGELES!!


martedì 12 luglio 2011

DAY 4


Eccoci pronti a cominciare una nuova giornata!
Dopo una mega colazione al campus dell’Università, cominciamo puntuali la seconda lezione (qui non è concesso il quarto d’ora – per alcuni anche mezz’ora- accademico!).
Oggi si gioca! Al nostro ingresso, infatti, il Prof. Brown ci divide subito in quattro gruppi che costituiscono gli attori del famoso Beer Game a cui oggi partecipiamo. Ma cosa è il Beer Game e dove nasce?
Il Beer Game come gioco è stato inventato al MIT nel 1960 da J.W. Forrester che ne ha sviluppato una prima versione inizialmente a scopo didattico mentre ora viene sempre più utilizzato per testare le reazioni dei managers alle variazioni della domanda dei clienti.

Il Beer Game rappresenta un sistema di produzione-distribuzione a quattro livelli: una fabbrica (factory), un distributore (distributor), un grossista (wholesaler) e un dettagliante (retailer). L’obiettivo dei singoli partecipanti è quello di minimizzare i costi di mantenimento delle scorte e, allo stesso tempo, di evitare la situazione out-of-stock, ovvero di trovarsi senza merce quando viene richiesta.
La simulazione del gioco avviene dunque a squadre composte da 4 giocatori dove ogni squadra è una catena. Vince la squadra che è riuscita a spendere meno per gestire i propri magazzini.



Per comprendere l’importanza della collaborazione e dello scambio di informazioni lungo l’intera supply chain, si è simulato il comportamento della catena in due diverse condizioni: senza conoscere gli ordini che vengono ricevuti ed evasi da ogni livello e, successivamente, conoscendo questi dati. Nel dettaglio, si è osservato, nella prima simulazione, come la mancanza di una conoscenza esatta dello stato del sistema porti ad oscillazioni di grande ampiezza al variare della domanda del cliente, che si amplificano risalendo lungo la catena (effetto Bullwhip), con conseguenze negative su tutta la catena logistica (incremento dei costi per tutti gli attori, molti back-logs). Diversamente, nella seconda simulazione, dove avendo invece a disposizione i dati sugli ordini (e quindi ipotizzando l’integrazione nella supply chain), si rilevano notevoli miglioramenti in termini di costi e soddisfacimento della clientela.


Al termine di questo interessante gioco, dopo un rapido pranzo, ci siamo recati nell’edificio chiamato Computer Commons per svolgere il nostro primo assignment – da consegnare al docente per email entro le 23. Il compito riguardava la stesura di un testo di una o due pagine per rispondere alle due domande su cui si sono basate le giornate di lezione appena terminate: che cosa è il Supply Chain Management? Qual’ è il più importante elemento per il successo di una azienda e perché?
Concluso, alcuni si sono “tuffati” direttamente in piscina mentre altri, più diligentemente, hanno deciso, prima di un meritato relax, leggere l’articolo relativo all’outsourcing di preparazione alla lezione di domani.
La giornata si è conclusa con una abbondante cena a Mill Avenue e, per i più sfrenati, con una serata di divertimento.
A domani per le prossime news!

lunedì 11 luglio 2011

DAY 3

La giornata di lunedì è iniziata con un’abbondante colazione offerta dall’ASU ed è proseguita con un tour guidato alla scoperta dell’enorme campus di Tempe. Fortunatamente la giornata è stata “rinfrescata” da un temporale notturno che ha mantenuto la temperatura attorno ai 37°. Nonostante questo il caldo si è fatto comunque sentire: seguire la nostra velocissima guida è stata davvero un’impresa! La visita ha rivelato un numero impressionante di edifici in grado di ospitare l’incredibile mole di studenti che studiano all’Arizona State University: il campus di Tempe è infatti frequentato da ben 52000 studenti!

Tra gli edifici più interessanti ci sono sicuramente la biblioteca ed i suoi “acquari”, dove gli studenti possono prepararsi alle lezioni in piena tranquillità.

Anche la Computer Commons ci ha particolarmente colpiti, con i suoi salottini per lo studio, i computer Apple con schermi a 20” ovunque e la libreria ai piani superiori.

Una volta concluso il tour abbiamo incontrato il leggendario Professor Steven Brown per la prima lezione del corso di Supply Chain Management.

Diversamente da quello a cui siamo abituati in Italia la lezione è stata da subito molto interattiva ed informale attraverso l’introduzione dei concetti di base del corso. In particolare si è discusso di come la globalizzazione abbia cambiato le regole della competizione, estendendola dal piano delle singole imprese a quello delle supply chain a livello internazionale.

Utilizzando due best seller di riferimento, ovvero “The world is Flat” di Thomas Friedman e “China shakes the world” di James Kynge, il prof. Brown ha mostrato le principali evoluzioni che hanno impattato sul modo di intendere e fare business nel mondo odierno.

Vista la complessità delle moderne catene del valore, la pluralità dei soggetti coinvolti e la distanza geografica tra gli stessi, la struttura delle supply chain si avvicina maggiormente ad un modello di networking piuttosto che ad una classica rappresentazione lineare. A riprova di ciò, il principale concetto trattato, sia a livello teorico che attraverso esempi concreti di aziende note sul mercato, è stato quello della differenza tra “efficient” e “responsive” supply chain.

Mentre la prima tipologia tende a privilegiare aspetti di costo, permettendo il posizionamento di prodotti maggiormente competitivi sul mercato, il secondo tipo di supply chain mostrata è improntato a ridurre il lead time, permettendo alla compagnia di riferimento una maggiore abilità a fronteggiare discontinuità nella domanda. Allo stato attuale, a causa dell’ipercompetizione presente nei mercati dei paesi sviluppati, la vera frontiera del supply chain management consiste nel trovare un’unione efficiente ed efficace tra i due aspetti proposti: aziende del calibro di Wal-Mart, McDonald e Zara costituiscono quindi degli ottimi modelli di riferimento per comprendere al meglio queste tematiche. Al termine della lezione, il Professore ha brevemente spiegato l’importanza dell’utilizzo di modelli predittivi di supply chain, introducendo velocemente i principi di funzionamento della simulazione prevista per domani.

Dopo aver salutato il professore, la giornata si è conclusa con un rinfrescante bagno nella spettacolare piscina del campus e con una cena in compagnia.

A domani per il prossimo aggiornamento!

domenica 10 luglio 2011

DAY 2

Con una grandissima voglia di ripartire e di goderci il nostro primo free day, durante la giornata di domenica si è deciso di esplorare il territorio circostante: abbiamo infatti visitato la “vicina” cittadina di Scottsdale, famosa per il suo enorme e lussuoso centro commerciale. Dopo un’attesa di 40 minuti sotto il sole cocente e l’utilizzo di svariati integratori energetici per ricaricarci e cercare un rimedio al gran caldo, siamo riusciti a prendere un pullman per un viaggio di circa 10 miglia alla volta del centro città. Ma attenzione girovaghi: sull’autobus si può fare il biglietto in presenza del conducente ma ricordatevi però che il resto erogato sarà pari a zero!

Con cinque fermate di anticipo, siamo finalmente approdati nella torrida Scottsdale, dove la fame e il miraggio di un po’ di fresco, ci hanno condotto direttamente al “ristorante” per un lunch a base di sandwich e patatine stra-piccanti! Successivamente abbiamo proseguito il tour verso il centro commerciale, dove le 2 miglia da percorrere sono sembrate l’equivalente americano della Parigi-Dakar. Una volta raggiunta la meta ci siamo divisi in gruppi: i ragazzi alla ricerca di giovani controparti femminili mentre le ragazze in un più modico relax facendosi truccare da make-up artists di lussuose griffe.

Al ritorno, dopo aver

ricomposto il gruppo, ci siamo concessi un po’ di relax in piscina. Alcuni coraggiosi hanno infine deciso di continuare la dieta a base di pasta consumando gli avanzi del giorno prima nel solito locale cucina.

Ultimo monito per chi, dopo una giornata come questa, ha ancora energie da spendere: per passare una serata di sfrenato divertimento nei locali di Mill Avenue e dintorni, ricordatevi che, in assenza di documento di identificazione dotato di fototessera, sarete cortesemente e violentemente rimbalzati dai buttafuori locali. Per gli under 21: lasciate ogni speranza di entrare!