domenica 17 luglio 2011

Weekend Monument Valley


Giovedì pomeriggio, dopo la fine delle lezioni, è iniziato il nostro primo lungo weekend! Purtroppo ci siamo divisi, un gruppo si è diretto a Los Angeles mentre un altro alla scoperta dei parchi naturali del Nord dell’Arizona! In questo post iniziamo col raccontare quest'ultimo!

Giovedì 14
Dopo aver fatto un rapido pranzo post-lezione in uno dei tanti fast food siamo partiti per la nostra prima avventura on the road. Destinazione: Monument Valley. Dopo un viaggio di 6 ore su strade con paesaggi mozzafiato siamo finalmente giunti in piena notte al Gouilding’s Lodge, posto incantevole grazie anche ad una bellissima luna piena che illuminava le terre Navajos. Le lancette dell’orologio devono essere spostate avanti di un’ora rispetto a Phoenix ed è meglio cercare di arrivare prima del tramonto perché le strade non sono per niente illuminate e agli animali (mucche, coyote, capre, cani) piace pascolare in mezzo alla strada. Il Goulding’s Lodge lo consigliamo vivamente perché ha una posizione strategica, soprattutto la Monument Valley House, una villetta a due piani in pieno stile americano con una spettacolare vista sull’orizzonte.

Venerdì 15
Sveglia all’alba! Mi raccomando non perdetevi questa “terrific view” sulla Monument Valley! Nonostante le poche ore di sonno, fidatevi che ne vale veramente la pena!

Dopo essere tornati a letto per un’oretta scarsa, siamo andati a fare una colazione pronti per l’escursione. Abbiamo scelto il “basic tour” ($ 40) proposto dall’albergo perché con la macchina a noleggio è vivamente sconsigliato (fidatevi!!!) girare all’interno delle ripide strade sterrate del parco. Durante quest’escursione con la guida Navajos abbiamo conosciuto le loro tradizioni, abitazioni e il valore sacro dato alla Natura e alla Madre Terra. La cosa più impressionante sono stati i picchi di roccia rossa detti butte o mesas. Qualsiasi foto scattata, per quanto bella, non riuscirà mai a rendere l’idea dei giochi di luce, dell’immensità e dei colori che ci hanno fatto rimanere a bocca aperta!


Per il tour attrezzatevi di creme solari e acqua e preparatevi a essere ricoperti di terra rossa a causa dei pullmini aperti e folate di vento! Alla fine del tour dopo una rapida rinfrescata, ci siamo avviati verso Page che si affaccia sulle acque del lago Powell. Questo è un lago artificiale che è in grado di fornire acqua per Arizona, Utah, California e Nevada. Abbiamo alloggiato al Best Western Plus, dove ci siamo trovati bene. Cenate nella Ken’s Old West, ottima steak house sia per il cibo sia per la country live music!

Sabato 16

Sveglia, colazione e pronti per visitare un nuovo parco: Glean Canyon National Recreation Area. L’ingresso costa $15 a veicolo. Abbiamo raggiunto il Lake Powell Resorts per prenotare il
Canyon Adventure tour. Un’escursione in barca attraverso canyon stretti e altissimi, un tempo abitati da tribù locali.

Ogni weekend in questo lago sbarcano americani con i loro grandissimi camper e ancor più grandi motoscafi e moto d’acqua. Tornati in albergo ci siamo rinfrescati con un bagno in piscina pronti per un altro inaspettato spettacolo: il tramonto sull’Horseshoe Bend. Un belvedere (gratuito) a picco su uno dei meandri del Colorado, che ha la forma del ferro di cavallo, raggiungibile dopo un kilometro di camminata su un sentiero di sabbia rossa. Prima di affacciarvi sul precipizio, fermatevi e prendete un bel respiro perché rimarrete senza fiato. Crediamo che nessuna descrizione possa spiegarvi le sensazioni provate in quei momenti. Provate a immaginarle con questa foto.

Abbiamo mangiato, purtroppo, in un fast-food perché chiudono presto le cucine.

Domenica 18
Dopo una rapida colazione ci siamo preparati per il lungo viaggio di ritorno. 6 ore di chiaccherate, musica, e pause varie. Dopo aver lasciato la macchina all'autonoleggio siamo tornati al campus. Doccia e una bella dormita per recuperare le forze per la settimana in arrivo!

WEEK-END LA

Giovedì 14



Il primo weekend della Summer School è stato trascorso nella fantastica Città degli Angeli: Los Angeles. La maggior parte di noi ha scelto questa destinazione, mentre altri hanno preferito visitare la Monument Valley. Finita la lezione, ognuno di noi ha preparato velocemente le valigie e ci siamo recati all'aeroporto Sky Harbor di Phoenix. Il viaggio aereo è stato breve (un’ora e venti minuti circa) e presto abbiamo potuto godere del “mediterraneo” clima della California. Molto presto, però, abbiamo rimpianto il clima desertico della nostra città adottiva: infatti, a Los Angeles vi è una forte escursione termica, con temperature che variano di almeno 10 gradi fra il giorno e la notte. Alcuni di noi, nei giorni seguenti sono corsi a comprare una felpa ricordo per potersi coprire la sera. Giunti al Los Angeles International Airport ci siamo divisi poichè non alloggiavamo tutti nello stesso hotel. La nostra prima idea era stata quella di noleggiare un’auto per muoversi in città dato che le distanze fra i vari punti di interesse sono notevoli. Ci eravamo divisi in tre gruppi. Noi ragazze non siamo riuscite a noleggiare l’auto poichè non disponevamo degli appropriati strumenti finanziari (eravamo in possesso di carta prepagata, mentre è richiesta una carta di credito major).

I ragazzi invece sono riusciti a noleggiarne due. Questo fatto ci ha inizialmente scoraggiate, ma alla lunga questo svantaggio si è rivelato un’opportunità (è stato più semplice muoversi in città). Dopodiché, noi ragazze ci siamo dirette verso il nostro ostello a Santa Monica, la zona costiera si Los Angeles. I ragazzi invece alloggiavano poco distante da noi. La prima impressione sul quartiere è stata ottima: la città gode di una piacevole passeggiata lungo l’oceano, ricca di locali, negozi e ristoranti in cui si respira una piacevole atmosfera giovanile. A pochi minuti di cammino dall’ostello vi è un’area pedonale in cui è possibile fare shopping o sedersi a gustare un classico hamburger con patatine e Coca-Cola. Dopo esserci sistemate nelle nostre stanze e rinfrescate dal viaggio, siamo uscite per fare un giro. Abbiamo cenato da McDonald (onnipresente in America) e successivamente abbiamo contattato i ragazzi e ci siamo ritrovati in un locale della zona. Qui abbiamo sorseggiato un drink ascoltando altri ragazzi americani che “intonavano” canzoni al karaoke. Proprio in questo locale abbiamo capito l’importanza del lasciare mance negli States. Infatti, due delle nostre ragazze volevano cantare, ma non sono mai state chiamate perchè c’era una corsia preferenziale per coloro che lasciavano una tip. Usciti dal club, abbiamo pianificato la giornata di sabato.


venerdì 15


Nonostante la stanchezza del giorno precedente reclamasse molte ore di sonno, desiderose di goderci quest’esperienza, ci siamo svegliate di buon’ora e ci siamo caricate con una colazione a base di pane e marmellata. La sera prima, arrivando all’ostello, avevamo notato che era possibile effettuare delle escursioni guidate con un’agenzia viaggi convenzionata. Quindi, ci siamo immediatamente recate a prenotare i biglietti per andare a visitare gli Universal Studios. Il tragitto verso la meta è stato molto divertente poiché eravamo su un bus aperto e potevamo godere di una vista magnifica. Giunte a destinazione abbiamo incontrato i ragazzi e siamo entrati tutti insieme. Questo parco giochi offre attrazioni per tutti i gusti: per i più coraggiosi consigliamo di mettersi alla prova nella “House of Horrors” che ripercorre le immagini più significative degli horror movies prodotti dagli Studios; i più temerari non possono non provare la scarica adrenalinica della “Jurassic Park Attraction”, mentre per i più appassionati di cinema sono perfetti il tour degli studios e un tour virtuale di Krastyland, il parco giochi dei Simpson. Tornate a Santa Monica abbiamo cenato in un tipico locale americano. Abbiamo trascorso la serata in un altro pub vicino all’ostello.


Sabato 16

Dopo l’ottima esperienza con il tour organizzato agli Universal Studios, abbiamo deciso di rivolgerci alla medesima agenzia per visitare alcune delle zone più famose di Los Angeles che hanno contribuito a costruirne l’immagine di città glamour e dello star system.


Pagando circa 60 dollari ci siamo quindi guadagnate l’accesso a Bel Air (la prima tappa del nostro tour), l’esclusivo quartiere dove risiedono molti attori, registi e cantanti. Oltrepassato il cancello di ingresso si ha subito l’impressione di trovarsi in un mondo surreale (e vagamente finto) dove le case sono maestose, le siepi curatissime e non si incontra nessuno per strada. E’ difficile ricordarsi tutte le ville che abbiamo visto, ma quelle che ci hanno colpito di più sono state di sicuro quella del sultano del Brunai, con inserti d’oro nei balconi, quella di Elton John e, ovviamente, quelle di Johnny Depp e Brad Pitt (nessuna apparizione dei proprietari da segnalare, con nostro grande disappunto).



Concluso il tour di Bel Air, ci siamo ributtati nel traffico cittadino per raggiungere Beverly Hills. Lungo il tragitto abbiamo potuto vedere due punti d’interesse per gli appassionati di cinema: la chiesa in cui è stato girato Sister Act e la scala antincendio sulla quale si arrampica Richard Gere per dichiarare il suo amore a Julia Roberts nel film Pretty Woman. Una volta giunti a Beverly Hills, il pullman ci ha lasciati nel cuore del quartiere, Rodeo Drive. La sosta è durata solo mezz’ora, ma è più che sufficiente a meno che non abbiate intenzione di fare shopping nei lussuosissimi negozi presenti, ma non era il nostro caso, quindi scattate alcune foto di rito siamo ripartiti in direzione Hollywood.


L’ultima tappa del tour è stata il quartiere di Hollywood. La sosta prevista in questo caso era di 4 ore e ne abbiamo apprezzato ogni minuto. Appena scese dal pullman ci siamo lanciate alla ricerca della stella del solito Johnny Depp sulla Walk of Fame, con la prof.ssa che lanciava chiari segnali di insofferenza, ma ha sopportato stoicamente il tour de force che le abbiamo imposto. Dopo aver trovato quello che stavamo cercando e scattato una foto, ci siamo rilassate sedendoci a gustare il vero hot dog americano da Johnny Rockets, seguito da una coppetta di gelato delle dimensione di una vaschetta formato famiglia (ebbene sì, se siete attenti alla linea, mangiare fuori negli States potrebbe essere un problema). Dopo pranzo abbiamo trascorso il resto del pomeriggio sulla Walk of Fame, tra i numerosissimi negozi di souvenirs. Verso le 17 il pullman è tornato a prenderci per riportarci all’ostello, dove abbiamo avuto giusto il tempo di una doccia prima di uscire a cena. La serata si è conclusa in un pub della zona. Un piccolo avviso sulla vita notturna di Santa Monica: la maggior parte dei locali sono pub o bar e quindi se siete amanti delle discoteche sarete costretti a spostarvi in zona Hollywood e se non siete muniti di una macchina la cosa potrebbe rivelarsi più complicata del previsto (i taxi sono costosi ed è sconsigliabile viaggiare in pullman di notte, così come ci è stato detto da ragazzi del luogo).


Domenica 17

Siamo così giunti all’ultimo giorno a Los Angeles. Il tempo è davvero volato. Il sole splendeva sulla spiaggia e quindi abbiamo deciso di andare a Venice Beach, che è raggiungibile da Santa Monica percorrendo il fantastico lungomare. Mentre camminavamo ci sembrava di essere state catapultate sul set di Baywatch: le postazioni dei bagnini, la sabbia bianca, le palme e nemmeno una nuvola sopra di noi. Venice Beach è conosciuta come la Camden Town di Los Angeles e, a nostro parere, la definizione è perfetta. È caratterizzata da una fila infinita di bancarelle hippie dove per pochi dollari si possono comprare bigiotteria artigianale, quadri, abbigliamento e molto altro. È stato molto piacevole mangiare sulla spiaggia con i surfisti di fronte a noi che facevano a gara per domare le onde. Purtroppo il tempo a nostra disposizione non è stato molto, in quanto il volo per il rientro ci aspettava.
In conclusione, Los Angeles ci ha segnato così profondamente che abbiamo tutti espresso il desiderio di tornarci.





mercoledì 13 luglio 2011

DAY 5

Come tutte le mattine la sveglia suona alle 8 e, dopo aver fatto colazione all’americana al campus, tutti puntuali in aula alle 9 per seguire la lezione del prof. Brown. Il tema generale affrontato nel corso è la supply chain management, un argomento sconosciuto agli studenti di giurisprudenza. Grazie alla perizia dell'eclettico prof. Brown, “step by step” tutti stiamo imparando a conoscerne gli aspetti principali e a ragionare anche in un’ottica economica e ingegneristica. La lezione di oggi si è focalizzata in modo particolare sull’outsourcing, ossia sull’attitudine delle aziende ad esternalizzare determinate attività.




Ma vediamo di capire quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questo processo. I vantaggi strategici che ne derivano sono innanzitutto la possibilità di focalizzarsi maggiormente sulle competenze interne, per poi , successivamente, accedere alle capacità di altre aziende, liberare il capitale e le risorse, ridurre i costi unitamente alla condivisione e riduzione dei rischi legati al mercato e alla sicurezza di provvedere alle risorse non disponibili internamente. Ne derivano però anche degli svantaggi, soprattutto per quanto riguarda i problemi di controllo e il reclutamento di appropriati fornitori e distributori, la ripercussione sui posti di lavoro e l’inadeguata supervisione del processo di supply chain, il quale necessita di specialisti del settore.


E’ necessario però ricordare che il punto focale dell’outsourcing consiste nel come esternalizzare ogni singola attività di valore della catena, tenendo in considerazione non solo le circostanze presenti ma anche quelle future.

Terminata la lezione alle 12, c’è chi fa solo uno spuntino, chi fa un pisolino o chi si mangia un panino da Jimmy John’s e poi tutti con il pc a portata di mano per svolgere il compito assegnato a lezione dal professore, che consiste in un’opinione personale sul motivo per cui le aziende esternalizzano indicandone vantaggi e svantaggi. Questo lavoro sarà utile al professore per testare il nostro livello di conoscenza e di apprendimento.



Infine, come dice il detto “prima il dovere, poi il piacere”, ci concediamo poi un po’ di relax e tintarella a bordo piscina in attesa della serata ma soprattutto di domani pomeriggio…waiting for LOS ANGELES!!


martedì 12 luglio 2011

DAY 4


Eccoci pronti a cominciare una nuova giornata!
Dopo una mega colazione al campus dell’Università, cominciamo puntuali la seconda lezione (qui non è concesso il quarto d’ora – per alcuni anche mezz’ora- accademico!).
Oggi si gioca! Al nostro ingresso, infatti, il Prof. Brown ci divide subito in quattro gruppi che costituiscono gli attori del famoso Beer Game a cui oggi partecipiamo. Ma cosa è il Beer Game e dove nasce?
Il Beer Game come gioco è stato inventato al MIT nel 1960 da J.W. Forrester che ne ha sviluppato una prima versione inizialmente a scopo didattico mentre ora viene sempre più utilizzato per testare le reazioni dei managers alle variazioni della domanda dei clienti.

Il Beer Game rappresenta un sistema di produzione-distribuzione a quattro livelli: una fabbrica (factory), un distributore (distributor), un grossista (wholesaler) e un dettagliante (retailer). L’obiettivo dei singoli partecipanti è quello di minimizzare i costi di mantenimento delle scorte e, allo stesso tempo, di evitare la situazione out-of-stock, ovvero di trovarsi senza merce quando viene richiesta.
La simulazione del gioco avviene dunque a squadre composte da 4 giocatori dove ogni squadra è una catena. Vince la squadra che è riuscita a spendere meno per gestire i propri magazzini.



Per comprendere l’importanza della collaborazione e dello scambio di informazioni lungo l’intera supply chain, si è simulato il comportamento della catena in due diverse condizioni: senza conoscere gli ordini che vengono ricevuti ed evasi da ogni livello e, successivamente, conoscendo questi dati. Nel dettaglio, si è osservato, nella prima simulazione, come la mancanza di una conoscenza esatta dello stato del sistema porti ad oscillazioni di grande ampiezza al variare della domanda del cliente, che si amplificano risalendo lungo la catena (effetto Bullwhip), con conseguenze negative su tutta la catena logistica (incremento dei costi per tutti gli attori, molti back-logs). Diversamente, nella seconda simulazione, dove avendo invece a disposizione i dati sugli ordini (e quindi ipotizzando l’integrazione nella supply chain), si rilevano notevoli miglioramenti in termini di costi e soddisfacimento della clientela.


Al termine di questo interessante gioco, dopo un rapido pranzo, ci siamo recati nell’edificio chiamato Computer Commons per svolgere il nostro primo assignment – da consegnare al docente per email entro le 23. Il compito riguardava la stesura di un testo di una o due pagine per rispondere alle due domande su cui si sono basate le giornate di lezione appena terminate: che cosa è il Supply Chain Management? Qual’ è il più importante elemento per il successo di una azienda e perché?
Concluso, alcuni si sono “tuffati” direttamente in piscina mentre altri, più diligentemente, hanno deciso, prima di un meritato relax, leggere l’articolo relativo all’outsourcing di preparazione alla lezione di domani.
La giornata si è conclusa con una abbondante cena a Mill Avenue e, per i più sfrenati, con una serata di divertimento.
A domani per le prossime news!

lunedì 11 luglio 2011

DAY 3

La giornata di lunedì è iniziata con un’abbondante colazione offerta dall’ASU ed è proseguita con un tour guidato alla scoperta dell’enorme campus di Tempe. Fortunatamente la giornata è stata “rinfrescata” da un temporale notturno che ha mantenuto la temperatura attorno ai 37°. Nonostante questo il caldo si è fatto comunque sentire: seguire la nostra velocissima guida è stata davvero un’impresa! La visita ha rivelato un numero impressionante di edifici in grado di ospitare l’incredibile mole di studenti che studiano all’Arizona State University: il campus di Tempe è infatti frequentato da ben 52000 studenti!

Tra gli edifici più interessanti ci sono sicuramente la biblioteca ed i suoi “acquari”, dove gli studenti possono prepararsi alle lezioni in piena tranquillità.

Anche la Computer Commons ci ha particolarmente colpiti, con i suoi salottini per lo studio, i computer Apple con schermi a 20” ovunque e la libreria ai piani superiori.

Una volta concluso il tour abbiamo incontrato il leggendario Professor Steven Brown per la prima lezione del corso di Supply Chain Management.

Diversamente da quello a cui siamo abituati in Italia la lezione è stata da subito molto interattiva ed informale attraverso l’introduzione dei concetti di base del corso. In particolare si è discusso di come la globalizzazione abbia cambiato le regole della competizione, estendendola dal piano delle singole imprese a quello delle supply chain a livello internazionale.

Utilizzando due best seller di riferimento, ovvero “The world is Flat” di Thomas Friedman e “China shakes the world” di James Kynge, il prof. Brown ha mostrato le principali evoluzioni che hanno impattato sul modo di intendere e fare business nel mondo odierno.

Vista la complessità delle moderne catene del valore, la pluralità dei soggetti coinvolti e la distanza geografica tra gli stessi, la struttura delle supply chain si avvicina maggiormente ad un modello di networking piuttosto che ad una classica rappresentazione lineare. A riprova di ciò, il principale concetto trattato, sia a livello teorico che attraverso esempi concreti di aziende note sul mercato, è stato quello della differenza tra “efficient” e “responsive” supply chain.

Mentre la prima tipologia tende a privilegiare aspetti di costo, permettendo il posizionamento di prodotti maggiormente competitivi sul mercato, il secondo tipo di supply chain mostrata è improntato a ridurre il lead time, permettendo alla compagnia di riferimento una maggiore abilità a fronteggiare discontinuità nella domanda. Allo stato attuale, a causa dell’ipercompetizione presente nei mercati dei paesi sviluppati, la vera frontiera del supply chain management consiste nel trovare un’unione efficiente ed efficace tra i due aspetti proposti: aziende del calibro di Wal-Mart, McDonald e Zara costituiscono quindi degli ottimi modelli di riferimento per comprendere al meglio queste tematiche. Al termine della lezione, il Professore ha brevemente spiegato l’importanza dell’utilizzo di modelli predittivi di supply chain, introducendo velocemente i principi di funzionamento della simulazione prevista per domani.

Dopo aver salutato il professore, la giornata si è conclusa con un rinfrescante bagno nella spettacolare piscina del campus e con una cena in compagnia.

A domani per il prossimo aggiornamento!

domenica 10 luglio 2011

DAY 2

Con una grandissima voglia di ripartire e di goderci il nostro primo free day, durante la giornata di domenica si è deciso di esplorare il territorio circostante: abbiamo infatti visitato la “vicina” cittadina di Scottsdale, famosa per il suo enorme e lussuoso centro commerciale. Dopo un’attesa di 40 minuti sotto il sole cocente e l’utilizzo di svariati integratori energetici per ricaricarci e cercare un rimedio al gran caldo, siamo riusciti a prendere un pullman per un viaggio di circa 10 miglia alla volta del centro città. Ma attenzione girovaghi: sull’autobus si può fare il biglietto in presenza del conducente ma ricordatevi però che il resto erogato sarà pari a zero!

Con cinque fermate di anticipo, siamo finalmente approdati nella torrida Scottsdale, dove la fame e il miraggio di un po’ di fresco, ci hanno condotto direttamente al “ristorante” per un lunch a base di sandwich e patatine stra-piccanti! Successivamente abbiamo proseguito il tour verso il centro commerciale, dove le 2 miglia da percorrere sono sembrate l’equivalente americano della Parigi-Dakar. Una volta raggiunta la meta ci siamo divisi in gruppi: i ragazzi alla ricerca di giovani controparti femminili mentre le ragazze in un più modico relax facendosi truccare da make-up artists di lussuose griffe.

Al ritorno, dopo aver

ricomposto il gruppo, ci siamo concessi un po’ di relax in piscina. Alcuni coraggiosi hanno infine deciso di continuare la dieta a base di pasta consumando gli avanzi del giorno prima nel solito locale cucina.

Ultimo monito per chi, dopo una giornata come questa, ha ancora energie da spendere: per passare una serata di sfrenato divertimento nei locali di Mill Avenue e dintorni, ricordatevi che, in assenza di documento di identificazione dotato di fototessera, sarete cortesemente e violentemente rimbalzati dai buttafuori locali. Per gli under 21: lasciate ogni speranza di entrare!

sabato 9 luglio 2011

DAY 1

Ciao a tutti! Finalmente arrivati in America!

Dopo aver rincorso l'8 luglio per ben 36 ore, affrontando 18 ore di sole e di viaggio (dove non sono mancati piccoli disagi: freddo e picchiettii sinistri sul touch screen dei sedili dell’aereo), abbiamo raggiunto la nostra nuova “home sweet home”. Qui un breve e tormentato riposo di poche ore non ci ha frenato dal cominciare la nostra avventura.

Ma non tutte le sorprese erano finite! Sabato mattina, al risveglio, ci siamo accorti che il clima dell’Arizona non era veramente così accogliente come pensavamo all’arrivo. Dopo essere stati informati che la temperatura locale si colloca mediamente tra i 26 e i 40°C e che nel mese di luglio questi valori registrano punte giornaliere di 48°C circa, tra il panico generale, si è deciso di stare il più possibile vicino all’aria condizionata.

Ci siamo quindi avviati all’incontro con Caroline Savalle, la responsabile dei rapporti internazionali dell’ASU, che, insieme ad una sua collega, ci ha introdotto alla vita universitaria americana partendo da un breve e interessante outlook della storia “Arizoniana”. In questa sede sono state illustrate alla “preparatissima” e incredula platea di studenti alcuni interessanti aneddoti e curiosità sull’Università tra cui il fatto che il corso che ci stiamo apprestando a seguire si rivela essere il secondo migliore in America per il Supply Chain Management.

Da notare alcune regole/informazioni utili per i futuri e fortunati visitors: no alcool e no smoking all’interno del campus, pena l’espulsione. Al termine dell’incontro ci è stato offerto un pranzo a base di specialità “locali”, prevalentemente fajitas messicane.

La giornata è continuata con il pomeriggio, dove alcuni si sono avventurati coraggiosamente nel deserto allo scopo di procacciare viveri per sfamare venti italiani entro l’orario di cena. I più goliardici hanno invece preferito sacrificare l’onore per un bel rilassante bagno in piscina. Per concludere al meglio, la serata è iniziata con un ritrovo comune al sesto piano del Barrett Honors College, dove è situato il locale cucina e il nostro alloggio, ed è stato replicato il miracolo di sfamare una moltitudine di bocche con quattro confezioni famiglia di pasta Barilla e si è chiusa con una bella dormita per recuperare il tempo perduto a causa del fuso.